Ma se la forza che fino ad adesso Cicero potrebbe aver pensato di ingannare, e forse io stesso, gettandole fumo negli occhi, tessendo parola dopo parola una splendida veste dove intrappolarla, e magari trovandomi costretto a chiedere aiuto a te, e a tutti gli altri te che in questo momento sospeso nel tempo stanno, consapevoli o meno, combattendo la mia battaglia, se questa forza contraria avesse intuito il mio piano, la defezione di Cicero, l’attacco malinconico e fragile del suo avversario, di ciò che più teme nel cosmo, e avesse attivato i suoi agenti, manipolando magari me, infettandoti i sogni chi sa quando, e in che modo, facendoti vomitare degli incubi neri dentro quelli che erano fragili cuori, come Bambina, oh eccola lì, guardala, che adesso deglutisce, che non ha più fiato, socchiude le labbra rossissime, gli occhi grossi che sbattono lucidi, in un misto di eccitazione e terrore. E dietro di lei Gnomo, che arranca, si trascina la Gobba, che la tira per il vestitino senza che lei se ne accorga, guarda i suoi occhi, guarda il momento in cui cambiano, adesso che vede là in mezzo al cerchio, e quella flebile immagine, quello specchio del niente dove noi ci specchiamo, diventa ancora più storta, ancora più nera.