Bianchissima - i santi




La prima cosa a cui aveva pensato era Dio, ma poi aveva pensato che Dio non indossa una tuta di qualche genere, e per di più logora, come l'avesse consumata un qualche tipo di acido. Poi aveva visto che Dio non era solo, ce n’erano altri due, anche loro coperti da scafandri luminescenti, cose che in quella luce, in quel sole tagliente e giallo rilucevano di arcobaleni infiniti come quando una luce fortissima passa attraverso una pellicola fotografica. 
Le tre figure stavano facendo qualcosa, l’avevano preso e adesso lo stavano trascinando. Parlavano rapide, lanciavano strilli, parole che uscivano fuori ovattate, come barriti che si spegnevano nell'atmosfera nera che le circondava. Gli toccavano il petto, il cuore esposto, la faccia, poi riprendevano a correre, scivolando, inciampando e rialzandosi. Le tre forme di Dio erano agitate, terrorizzate. Stanno scappando pensò Tobi, ma non capiva da cosa. 
Poco prima di scivolare nel mondo, come ce lo avessero spinto loro, il ragazzino riuscì a scorgere altre due figure, le vide prima lontane, poi vicinissime. Anche loro indossavano delle specie di tute, le loro però erano scure, un nero che vibrava ignorando la potenza del giallo, un’oscurità sovrapposta che sembrava più un buco, un'assenza, come un fotomontaggio di quelli fatti male. 
Prima di trovarsi ricoperto dai vermi, ancora lì, a fianco del cadavere duro della ragazzina. Tobi aveva visto una delle figure nere saltare addosso a una di quelle che rilucevano. Si erano azzuffati, rotolando nella fanghiglia, combattendo goffi tra le pietre scalfite dal vento incessante, alzando una, una polvere viscida e nera, l'altra una polvere liquida e gialla che l’aveva fatto pensare all'inchiostro di una seppia quando ha paura.