La stazione meteorologica - Bianchissima - Uduvicio Atanagi - Estratto


Vorrei che fossimo felici, disse, gli tremavano le labbra, gli veniva da ridere e da piangere insieme. Ma non so come, non so proprio come si fa.
Si fermò sul ciglio della strada, Rut ciondolava avanti e indietro e l’uomo capì che stava captando una nuova stazione di Radio Rut.
Bzzzzzzz, disse la ragazzina. Paura, luce, anticiclone.
Poi cominciò a fare dei versi terribili, dei rumori con una voce profonda, glorocgucuc, rac rac, rok.
L’uomo però non la ascoltava più, adesso i suoi occhi erano fissi sull’edificio che sovrastava la città. Lo vedeva lontano, come un’avanguardia di un qualche cosa che non riusciva a comprendere, la luce che lampeggiava da una finestra al penultimo piano. Due lampi rossi, uno verde, uno giallo, forse bianco. Ancora, una seconda sequenza, più rapida. 
Tutto intorno gli animali avevano smesso di fare rumore, anche le foglie, i fili d'erba, le piante. Tutto era puro silenzio, una bolla di vuoto che li avvolgeva, dove sembrava che galleggiassero.
L'uomo dovette sforzarsi per staccare lo sguardo dall'edificio, gli sembrò di svegliarsi, di resistere a uno stato di ipnosi.
Anche Rut aveva smesso di parlare, osservava la struttura anche lei, la testa piegata come cercasse di cogliere quel qualcosa che a lui era proibito.
L’hai vista anche te? Domandò l’uomo.
Si accucciò di fronte alla carrozzina. L’hai vista? Hai visto le lucine? 
Rut continuava a guardare alle sue spalle, come se l’uomo non esistesse più. Come si fosse sintonizzata.