“Più mi guardo intorno e più mi pare
tutto confuso, non posso dire esattamente quando sia iniziato e non
posso nemmeno affermare che qualcosa sia effettivamente successo o
cambiato o che qualcosa ci sia, quello che posso dire è che forse tutto
può essere ricondotto all’infamia di piazzale Loreto, se vogliamo
cercare la prima piega, la crepa che ha dato vita al crepaccio sta lì,
in quel momento abbiamo perso l’identità, il popolo si è travestito da
qualcos’altro, prima con la reazione bestiale poi lavandosi le mani dei
fatti, come Ponzii Pilati, facendo finta di aver vinto qualcosa.
[…]
La cosa che più mi spaventa è che è come se stessimo cercando di aggiustare le cose dopo che le cose sono andate completamente storte. Siamo apparecchi rotti che cercano di aggiustare macchinari rotti ma se tutto è rotto la nostra prospettiva è rotta e non so se la soluzione sia effettivamente una soluzione o solo un’aggravante.”
[pp. 85-6]
[…]
La cosa che più mi spaventa è che è come se stessimo cercando di aggiustare le cose dopo che le cose sono andate completamente storte. Siamo apparecchi rotti che cercano di aggiustare macchinari rotti ma se tutto è rotto la nostra prospettiva è rotta e non so se la soluzione sia effettivamente una soluzione o solo un’aggravante.”
[pp. 85-6]
Mentre l’Italia brucia di
Uduvicio Atanagi – autore misterioso, avanguardista e cultore della
fantascienza, pare – ha un inizio che ricorda Ginger e Fred (1985) di
Federico Fellini: un gruppetto di personaggi dal passato televisivo ai
limiti del trash e ormai falliti intraprende un viaggio per partecipare a
una trasmissione Mediaset dedicata alle vecchie glorie. C’è il
grottesco, tipico del regista, portato però ai massimi livelli, fino
alla volgarità, e si sente la mancanza di quella patina poetica sempre
presente nella cinematografia del riminese. Questo è solo uno dei
diversi limiti di un’opera che scintilla di buoni spunti, di diverse
idee, ma che nel complesso non funziona.
Atanagi concettualizza bene la decadenza irrimediabile dell’Italia, che è quanto più gli interessa, e riesce quando si concede certe pause di analisi filosofico-socio-antropologiche che a tratti ricordano Giuseppe Genna (ad esempio il riferimento, sopra, a piazzale Loreto), ma il plot, troppo frammentario, soffre: la coralità regge a fatica.
Altro limite è l’accerchiamento di Silvio Berlusconi, il Colpevole o il Capro Espiatorio, fantasma richiamato sin dalla progettazione dell’opera che individua nella società dello spettacolo televisivo l’annichilimento definitivo degli abitanti/spettatori del ‘belpaese’. Leggendola oggi, in uno scenario diverso rispetto all’epoca berlusconiana, c’è l’impressione che il tutto sia fuori tempo massimo, pur non potendo non cedere alla fascinazione di certi ragionamenti.
Il romanzo, a dispetto dei limiti, giustifica almeno in parte la sua lettura quando ci mette in contatto/conflitto con il vero fantasma della società italiana: il cattolicesimo. Atanagi in questo caso usa bene le armi, affilatissime, del grottesco; indimenticabile l’immagine della bambola gonfiabile con le fattezze di Cristo in grado di simulare la passione, prodotto di sicuro successo e utilissimo agli italiani, eternamente in conflitto con il complesso di colpa.
Atanagi concettualizza bene la decadenza irrimediabile dell’Italia, che è quanto più gli interessa, e riesce quando si concede certe pause di analisi filosofico-socio-antropologiche che a tratti ricordano Giuseppe Genna (ad esempio il riferimento, sopra, a piazzale Loreto), ma il plot, troppo frammentario, soffre: la coralità regge a fatica.
Altro limite è l’accerchiamento di Silvio Berlusconi, il Colpevole o il Capro Espiatorio, fantasma richiamato sin dalla progettazione dell’opera che individua nella società dello spettacolo televisivo l’annichilimento definitivo degli abitanti/spettatori del ‘belpaese’. Leggendola oggi, in uno scenario diverso rispetto all’epoca berlusconiana, c’è l’impressione che il tutto sia fuori tempo massimo, pur non potendo non cedere alla fascinazione di certi ragionamenti.
Il romanzo, a dispetto dei limiti, giustifica almeno in parte la sua lettura quando ci mette in contatto/conflitto con il vero fantasma della società italiana: il cattolicesimo. Atanagi in questo caso usa bene le armi, affilatissime, del grottesco; indimenticabile l’immagine della bambola gonfiabile con le fattezze di Cristo in grado di simulare la passione, prodotto di sicuro successo e utilissimo agli italiani, eternamente in conflitto con il complesso di colpa.
Uduvicio Atanagi
Mentre l’Italia brucia
Bologna, Meridiano Zero, 2016
pp. 120
Mentre l’Italia brucia
Bologna, Meridiano Zero, 2016
pp. 120