Al paese
I ragazzi incendiano la notte, gli ululati salgono al cielo come una specie di
Sabbah, la musica techno sale, la cassa rimbomba per I boschi, sfiora l’erba
ancora inumidita dalle ultime piogge, il flauto di vertebre dei rami, la
leggera rugiada che cola come una lacrima, il movimento veloce degli animali
che strusciano i musi in cerca di un piccolo, disperato calore. Lei cammina a
testa bassa, ha I capelli sporchi che hanno iniziato a stingersi, la ricrescita
contrasta lasciando fluire la sua chioma nera sotto ai capelli bluscuro, le
ciocche le cadono sul viso formando delle piccole curve che finiscono per
arricciolarsi in prossimità delle punte, delle onde simili alle onde del mare,
morbide increspature che muovono uno stagno millenario.
Ha gli
occhi grandi, il mento squadrato, non si capisce se è una donna o una bambina,
cammina veloce mentre la luce accende la notte, gli sguardi la sfiorano ma non
riescono a prenderla, nell’istante in cui si volta gli occhi le si accendono di
una luce ferina, la bocca si schiude in una specie di sorriso tristissimo, il profilo
della pancia gonfia, la mano posata sopra come a proteggere quello che nascerà.
Le
vecchie megere hanno detto che sarà una bambina, le vecchie megere hanno detto
che sarà una sventura.
La
ragazza continua a camminare, si perde nella notte mentre la notte si accende,
arde, le ultimi luci brillano di una forza feroce dentro ai suoi occhi
nerissimi.