L'apparizione del Buio, Mostruosa, Estratto





"Eccolo, disse Donato. Lo disse serio come non era mai stato, rapito da quella visione, da quell'errore appiccicato sul mondo.
Lo indicò col dito.
Guardate, ecco, ecco il Buio.
In lontananza, oltre le strade, oltre il diradarsi delle strutture che costituivano gli ultimi ciuffi di capelli rinsecchiti di Mostruosa, oltre le fabbriche abbandonate, dopo i casolari sparsi a caso nelle zone più impervie della distesa di verde appassito, si poteva vedere chiaramente una palla. Una sfera contorta e grumosa di colore nero.
Era enorme, più grossa di quello che da terra si poteva percepire e anche di come se l’erano immaginata certe notti sognando.
La massa di foschia si agitava viva ingoiando di netto una strada, per poi estendersi a dismisura come una mastodontica bolla. L’area che la precedeva da lassù somigliava a una specie di formicaio, un agglomerato di edifici e baracche che si intersecavano, strutture più grandi grigiastre con delle cupole massicce che scintillavano contro il lucore del giorno. Si vedevano poi i grandi stagni che sputavano un gracidare di rane nelle nubi umide che esalavano gialle, poi, quasi invisibili, gli scintillii di quello che doveva essere il lago, quando però il buio vero iniziava davvero, allora non si vedeva più niente.
Quella massa di solitudine se ne stava lì, tutta piena, pulsante a guadagnare terreno, quell'enormità negativa comunicava direttamente con i loro cuori, gli soffiava addosso simile a un vento, gli sussurrava parole cattive dentro alle orecchie riportandoli a una situazione di paura antica, a quello che avevano provato una volta separati dall'unità delle loro mamme, sbattuti nel mondo gelido con la bocca piena di sangue, la placenta come ultimo scudo al dolore che li attendeva"