Fantasmi 10

Sto cercando mia madre oppure sto scappando, oppure sto scappando e cercando mia madre o forse mia madre sta cercando me e io sto scappando da lei.
Ho passato ore ed ore immersa in mezzo alle sue cose, mi ricordo l’odore dei suoi trucchi, il suo phard con l’odore fortissimo di plastica e polvere, la sensazione sulla pelle, il suo rossetto che mi scivolava sulla labbra dove le sue labbra erano passate innumerevoli volte, come dei baci, innumerevoli buonanotte che non mi ricordo più. Ho passato ore e giorni ad indossare i suoi vestiti, a truccarmi gli occhi come se li truccava lei, ho indossato i suoi cappelli e i suoi foulard, ho provato ad indossare il suo cuore ma mi è sembrato che mi stesse grande, che mi scivolasse di dosso, che mi facesse male.
Lo facevo di nascosto, lo facevo mentre nessuno mi vedeva, lo facevo di nascosto anche da me stessa. Mi lavavo con l’acqua bollente, toglievo lo smalto nero e mi ripulivo il viso, mi spogliavo completamente ed entravo a piedi nudi nella sua stanza. Tutto era rimasto immobile, la sua stanza era rimasta un punto fermo nel tempo assieme al suo vuoto, alla sua presenza che diventava un’assenza, la sensazione che lei fosse stata lì, la sensazione che lei fosse lontanissima.

È successo quando sono rimasta sola, è successo in certi giorni nerissimi dove anche l’ultima piccola luce che cercavo di afferrare era una luce nera.
In quei giorni ho letto le sue lettere, i suoi diari, ho cercato di capire i suoi segreti, ho decifrato le sue parole in codice, ho inventato nuovi codici per illudermi che certe volte forse parlasse di me, ho provato a pensare come lei, ad essere lei.
Le sue scarpe mi stavano grandi, mentre le indossavo pensavo al calore dei suoi piedi che erano stati lì, ho pensato a tutti i suoi passi, ho immaginato a dove potesse aver camminato, a quanti chilometri potesse avere percorso, mi sembrava di sentirla, vicina, come quei frammenti di ricordi d’infanzia, quelle scene che passano che a volte ritornano forti come fossero impresse sulla retina, il suo sorriso, il tono della sua voce, il modo in cui mi toccava, i nostri confronti, la mia rabbia stupida, il modo in cui diventava seria e poi mi sorrideva ancora.
Le persone sono come delle scatole piene di cose che non capiremo mai, le persone sono come degli universi complicatissimi di cui vediamo solo una piccola nebulosa, ho provato a guardare dentro di lei, mi sono venute le vertigini e devo essere caduta, mentre cadevo però avevo la sensazione di non cadere mai, come mi tenesse ancora per mano.


Non abbiamo mai capito perché sia partita, non ha lasciato niente, non ha detto niente, non si è portata dietro niente, solamente il suo profumo, forse perché la possa riconoscere, forse perché un giorno camminando in qualche strada in qualche parte del mondo io possa sentire il suo profumo, mi volterò e la vedrò passare stretta dentro al suo trench color kaki, le sue gambe eleganti faranno risuonare i tacchi in un ticchettio veloce sull’asfalto, mi avvicinerò cercandola in mezzo alla folla, ad un certo punto la vedrò ed il mio cuore inizierà a battere fortissimo, serrerò i pugni, d’istinto proverò a colpirla, la mia mano si fermerà, mi butterò tra le sue braccia senza chiedere niente, cercherò di trattenere le lacrime mentre lei mi accarezza i capelli in quel modo duro e dolce che aveva solo lei, finirò per piangere, la stringerò fortissimo come se stringendola potessi non perderla mai più, come se potessi stringerla così, per tutta l’eternità.