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A un
certo punto sua moglie aveva smesso di parlare, così, da un giorno all’altro,
si era come spenta, come si può spengere una macchina o una luce, come se l’anima
le fosse scivolata fuori dal corpo e non avesse fatto in tempo a riprenderla, a
ributtarla dentro.
Doveva
essere successo qualcosa ma nessuno aveva capito, le anziane naturalmente
dicevano che le avevano preso l’ombra, che qualcuno aveva piantato due spilli imbevuti
nella corteccia di un acero marcio davanti alla luna piena e con l’ombra le era
scivolato via anche il cuore. Suo marito se la portava dietro come si portasse
appresso uno zombie, sembrava che gli anni l’avessero consumato, sembrava
diventato vecchissimo, era invecchiato con i suoi vestiti, sembrava quasi che
da un momento all’altro si potesse sbriciolare come se di lui fosse rimasto soltanto un
mucchietto di sabbia, eppure la accarezzava e la baciava, la vestiva e la
puliva, le comprava abiti eleganti e sfarzosi, la teneva per mano e la portava
al teatro e a sentire i concerti con le arie di Bach e di Mozart, certe volte
lo vedevi passare, non smetteva mai di parlarle, non le faceva perdere un’alba
oppure un tramonto, dicono anche che delle volte le facesse delle sorprese
incredibili, che facesse scoppiare i fuochi artificiali lungo la spiaggia in
mezzo alle più belle notti d’estate, che avesse invitato un mimo bulgaro ed un
pagliaccio cinese e un musicista esquimese e un illusionista del Nepal o la portasse
in mezzo al mare là in fondo dove una volta mio cugino aveva visto i delfini
nuotare. Pensava che con la meraviglia si sarebbe risvegliata, lui pensava che
dormisse, che si fosse ritirata, che davanti al suo piatto preferito o ad una
canzone che aveva amato tantissimo magari poi gli occhi le si sarebbero accesi,
si sarebbero fatti profondi, così, allora lo avrebbe guardato e avrebbe sorriso, così, come se nulla fosse,
voltandosi poi avrebbe socchiuso le labbra come nell’istante, nel frammento di
secondo, infinito che precede la prima parola.