Fantasmi 5

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A un certo punto sua moglie aveva smesso di parlare, così, da un giorno all’altro, si era come spenta, come si può spengere una macchina o una luce, come se l’anima le fosse scivolata fuori dal corpo e non avesse fatto in tempo a riprenderla, a ributtarla dentro.

Doveva essere successo qualcosa ma nessuno aveva capito, le anziane naturalmente dicevano che le avevano preso l’ombra, che qualcuno aveva piantato due spilli imbevuti nella corteccia di un acero marcio davanti alla luna piena e con l’ombra le era scivolato via anche il cuore. Suo marito se la portava dietro come si portasse appresso uno zombie, sembrava che gli anni l’avessero consumato, sembrava diventato vecchissimo, era invecchiato con i suoi vestiti, sembrava quasi che da un momento all’altro si potesse sbriciolare come se di lui fosse rimasto soltanto un mucchietto di sabbia, eppure la accarezzava e la baciava, la vestiva e la puliva, le comprava abiti eleganti e sfarzosi, la teneva per mano e la portava al teatro e a sentire i concerti con le arie di Bach e di Mozart, certe volte lo vedevi passare, non smetteva mai di parlarle, non le faceva perdere un’alba oppure un tramonto, dicono anche che delle volte le facesse delle sorprese incredibili, che facesse scoppiare i fuochi artificiali lungo la spiaggia in mezzo alle più belle notti d’estate, che avesse invitato un mimo bulgaro ed un pagliaccio cinese e un musicista esquimese e un illusionista del Nepal o la portasse in mezzo al mare là in fondo dove una volta mio cugino aveva visto i delfini nuotare. Pensava che con la meraviglia si sarebbe risvegliata, lui pensava che dormisse, che si fosse ritirata, che davanti al suo piatto preferito o ad una canzone che aveva amato tantissimo magari poi gli occhi le si sarebbero accesi, si sarebbero fatti profondi, così, allora lo avrebbe guardato e avrebbe sorriso, così, come se nulla fosse, voltandosi poi avrebbe socchiuso le labbra come nell’istante, nel frammento di secondo, infinito che precede la prima parola.