Il podere Lucenti, Cap 10, in corso



Visse ancora molti anni, pochi lo videro più in faccia, iniziò a delegare ai suoi servitori gli incontri per i suoi affari, alcuni parlarono di un uomo che girava incappucciato, di un uomo che si celava con un grande mantello, alcuni raccontarono di avergli visto le mani, nacquero storie e leggende, si raccontò di grida disumane e lamenti che si alzavano nella notte dalle terre del podere. 

Il suo potere crebbe a dismisura, Pedro Lucenti aveva comprato il mondo.

Un giorno venne a sapere che il ragazzo a cui anni prima aveva sfregiato il volto era morto di tubercolosi. 
Si fece portare alla sua tomba, si fece lasciare da solo, guardò la croce e posò a terra dei fiori.
Povero diavolo, disse. Dovevi ammazzarmi, dovevi arrivare un giorno in sella ad un cavallo nero e farmi vedere la cicatrice sulla tua guancia. Avrei capito subito chi eri e avrei capito subito che stava per finire, avrei fatto un passo avanti e ti avrei sfidato sapendo comunque che presto me ne sarei andato, ti avrei detto come osi, ti avrei detto che non avevi il fegato, come tuo padre, per farlo e tu ti saresti avvicinato e da sotto il tuo cappotto nero sarebbe sbucata una rivoltella, spara, ti avrei detto, spara cane rognoso, e poi sarei caduto a terra e il sangue si sarebbe mischiato alla pioggia e il tempo si sarebbe come fermato, tutto sarebbe diventato bianco e poi nero, nerissimo e i miei peccati, i miei infiniti peccati avrebbero smesso di perseguitarmi. 
E adesso ragazzo?
Se non mi uccidi tu adesso chi mi fermerà? Cosa placherà la mia fame? Chi proverà più ad arginare questa marea, questo rancore, questa brama immensa che mi corrode, se non mi uccidi tu ragazzo, chi mi ucciderà più?