Il cacciatore di streghe, tratto da il podere Lucenti, in corso.

      È il sangue che mi ha portato qui, disse il cacciatore di streghe. 
  L'oste continuò a pulire il suo bicchiere tenendo lo sguardo basso, a breve dovrebbe arrivare quel selvaggio, se non arriva per mezzogiorno giuro che lo riempio di botte. Il cacciatore attese fino all'arrivo del ragazzo, ascoltò l'oste sgridarlo e lo guardò dargli uno scappellotto e qualche calcio nel sedere, lasciò il ragazzo sporco, con l'aria da contadino ma lo sguardo sveglio simile a quello di un animale, di una faina o di qualcosa di scaltro e veloce, lo lasciò avvicinare, togliersi il cappello sudicio, fare una specie di inchino e poi guidarlo nei boschi.
  Aveva pensato a quei boschi dal primo momento in cui era arrivato lì, quei boschi erano come penetrati nella sua mente, gli alberi i loro rami si erano fusi alla sua corteccia cerebrale, al suo pensiero, guardò i campi giallognoli un'ultima volta prima di addentrarsi nella selva accompagnato dal ragazzino che gli tendeva la mano quasi volesse che gliela stringesse, come un figlio o un bambino spaventato o forse un bambino terribile pronto ad accompagnarlo nelle viscere oscure del mondo.
  Camminarono a lungo, più volte dovettero fermarsi, tendere il fucile o brandire la lama allertati dal suono delle bestie, videro le incisioni, il cacciatore le toccò facendo scorrere le dita sulle fessure, rimase ad osservarle a lungo, pensò che dovessero essere antichissime, vide gli uomini stilizzati inchinarsi alla cosa, la chiamò la grossa strega, osservandola sentì il sangue gelare. 
  Avvicinandosi alla caverna il cacciatore ebbe la sensazione che Dio si fosse ritratto in una ritrazione che non lasciava però spazio alla sua esistenza, era come se Dio finisse lì dove cominciava qualcos'altro, qualcosa di materiale, fatto di terra e di sangue, qualcosa che se non era più antico doveva essere almeno contemporaneo a Dio, cosa sto pensando, si domandò? Sentì la fede vacillare, si chiese chi fosse il suo Dio, pensò che forse lì finiva il dominio dell'uomo e iniziava il dominio di Dio, tremò.
  Entrarono nella grotta che non era proprio una grotta, era una specie di buco, un buco nel terreno che scendeva dentro ad un grotta, la luce della lanterna sembrava inutile in quell'oscurità, era come se il buio, lì, avesse la forza di ingoiare la luce dando vita ad una nuova luce, più cupa, più vuota, più nera.
  Questo non può essere il mio Dio, scrisse sui suoi appunti quella stessa notte, deve esserci un altro Dio, deve esserci una luce più forte. Poi strappò la pagina, pensò con terrore alle conseguenze di ciò che aveva anche solo pensato, ebbe il terrore di finire divorato dallo stesso meccanismo dove lui, correndo cercava di divorare gli altri per restare a galla.
  Si addormentò male, svegliandosi più volte colto da un terrore notturno che non riusciva a razionalizzare, ebbe la sensazione per tutta la notte che qualcosa gli stesse seduto sul petto, sentì un peso schiacciargli i polmoni, rendergli difficile il respiro, gli parve di intravedere qualcosa nel dormiveglia, poi si addormentò in un incubo terribile che poi non riuscì mai a ricordare.