Il podere Lucenti - Romanzo in corso, incipit.

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Mino tirò fuori la testa dal fango, respirò per poi sprofondare di nuovo più giù che poteva come un coccodrillo o forse un mostro marino, giù giù fino a perdere il senso della distanza che lo separava dalla superficie. 
Era l'estate del novantasette.

A Mino gli piaceva passare le giornate nelle fosse fangose ai margini del paese, amava sprofondare trattenendo il respiro fino quasi a dimenticarsi di dover respirare mentre il suo corpo sembrava scomparire dentro la fossa. Chiudeva gli occhi e allora non era più niente, passando lì vicino e provando a guardare nessuno si sarebbe potuto accorgere di lui e questo gli piaceva moltissimo come la sensazione fredda del fango sulla pelle che lo faceva sentire bene. A volte era così assorto che rimaneva lì per minuti risvegliandosi solo quando il corpo lo costringeva a riprendere aria, a volte si dimenticava di esistere e allora stava benissimo ma era proprio nell'istante in cui si accorgeva di stare benissimo che tornava ad esistere e allora cercava di sprofondare ancora più giù, le braccia aperte come un angelo o un mostro delle paludi.

Un mostro, pensava, io sono un mostro, un mostro che scompare e si cela, un mostro senza forma e con tutte le forme, un mostro di terra e di fango, un mostro che dorme, un mostro immerso in un sonno immenso e senza sogni, un mostro che dorme per un miliardo di anni.